Non si può negare l'assegno sociale all' extracomunitario che dimostra la stabile dimora in Italia: il requisito del soggiorno legale in via continuativa per almeno dieci anni nel territorio nazionale vale soltanto a partire dal primo gennaio 2009.
E in generale, quanto alle prestazioni previdenziali, non è possibile subordinare l'erogazione in favore dei cittadini extra-Ue a particolari limitazioni non previste per gli italiani. E' quanto emerge dall'ordinanza 10460/13, pubblicata il 6 maggio dalla sezione sesta della Cassazione.
In tale ordinanza viene accolto il ricorso di un anziano nordafricano contro la sentenza del giudice di merito secondo che esclude il trattamento sul mero rilievo che il richiedente abbia di fatto mantenuto la residenza in Marocco negli anni "incriminati". A favore dello straniero pesa una serie di circostanze: dal certificato di residenza nella casa del figlio in una località del nord Italia, fino all'intervento chirurgico sostenuto in un ospedale locale. Tanto basta a dimostrare la sussistenza del requisito della stabile dimora, per quanto non continuativa. Va detto, fra l'altro, che con l'articolo 39 della Legge 40/1998 è stata effettuata una equiparazione tra cittadini italiani residenti in Italia e gli stranieri titolari di carta o di permesso di soggiorno fini del diritto alla prestazioni assistenziali. Il tutto senza invero richiedere in aggiunta il requisito alla stabile dimora in Italia, che invece sembra essere stato ravvisato come necessario dalla giurisprudenza costituzionale. Quanto al requisito del soggiorno decennale introdotto dall'articolo 20, comma 10 del Dl 112/08, convertito dalla Legge 133/08, esso nella specie non opera perché la domanda di assegno risulta proposta ben prima, nell'aprile 2007.
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