Intervistata due mesi fa da Huffington Post, pochi giorni prima del voto, la professoressa Maria Chiara Carrozza sosteneva che le politiche scolastiche devono cambiare e spiegava: “Per cambiare, è essenziale ripartire dalle scelte degli ultimi anni in termini di composizione della spesa pubblica: come certifica il Rapporto Giarda, l’Italia negli ultimi 20 anni ha ridotto enormemente il totale della spesa pubblica destinata all’istruzione, (-5,4%), che non ha paragone in nessun altro comparto della spesa dello Stato. È necessaria un’inversione di tendenza”. Chi la intervistava faceva osservare che secondo l’Unione Europea è indispensabile che nei Paesi membri aumenti la percentuale dei laureati fino ad arrivare al 40% (in Italia siamo attualmente intorno al 20%) e che il perseguimento di tale obiettivo avrebbe “un impatto positivo sull’occupazione e la crescita”. Sul che fare per raggiungere l’obiettivo la professoressa Carrozza affermava: “I fronti d’azione sono almeno tre: gli studenti, i docenti e la struttura di governo universitaria. Partiamo dagli studenti lavorando sull’orientamento e il diritto allo studio. Serve un investimento serio sull’orientamento e l’informazione dei diplomandi e delle famiglie, e soprattutto dei professori delle scuole superiori con ore dedicate, pre-test e un adeguato materiale informativo nazionale”. “Studiare non è inutile – proseguiva Carrozza – i laureati continuano ad avere migliori opportunità lavorative e salari più elevati, ma negli ultimi vent’anni i rendimenti dei titoli di studio di livello universitario e di scuola media superiore sono diminuiti in Italia in modo consistente, generando una caduta delle aspettative nell’istruzione, evidente nell’aumento dei giovani che non studiano, non si formano e non lavorano”. “Gli studenti e le famiglie devono essere messi in condizione di poter affrontare l’investimento universitario ripartendo dal diritto allo studio e cancellando l’inutile “fondo per il merito” tremontiano per realizzare un “Programma nazionale per il merito e il diritto allo studio”, finanziato con 500 milioni (per i primi anni tratti in larga parte dal Fondo ordinario per l’università, riportato alla sua dotazione precedente agli ultimi tagli), che affianchi gli interventi regionali”. E, insieme con Francesca Puglisi che partecipava all’intervista, il rettore Carrozza definiva anche l’entità dei finanziamenti necessari per far ripartire il “sistema scuola”: “L’obiettivo nazionale è riportare gradualmente l’investimento almeno al livello medio dei Paesi OCSE (6% del PIL)”. Per quanto riguarda poi la riforma complessiva del sistema scolastico, Carrozza e Puglisi erano molto precise: “Nella scuola primaria vogliamo rimettere in vetrina i gioielli di famiglia del sistema scolastico italiano: tempo pieno e modulo a 30 ore con le compresenze, mentre per la scuola media, punto critico per l’abbandono scolastico, dobbiamo reclutare una leva di insegnanti specializzati per preadolescenza e adolescenza, e allungare il “tempo scuola” (scuole aperte anche al pomeriggio con sport, tecnologia, studio in gruppo, laboratori, classe aperte ecc). Per il ciclo superiore, il Pd propone un primo biennio unitario, così che la scelta a quale scuola iscriversi non sia fatta in 3° media, troppo presto, ma maturi dopo i primi due anni della secondaria”.
Queste le intenzioni espresse due mesi addietro. Vedremo ora quanto il neo-ministro potrà o sarà in grado di realizzare di quell’ambizioso programma

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