Dunque ministro, come è andato il passaggio delle consegne con Francesco Profumo? «Molta emozione. Ho pensato subito alle tante personalità che si sono succedute in quelle stanze. Voglio studiare bene chi erano i miei predecessori». Sono stati giorni intensi. «Sì, ma non per la vita che cambia all’improvviso. Soprattutto per lo sgomento dovuto alla sparatoria di domenica, mentre il governo giurava al Quirinale. Siamo stati informati solo più tardi, al brindisi. Sono scossa: è un po’ come se quei carabinieri avessero preso i proiettili al posto nostro». Veniamo all’Università: qual il modello vincente della scuola Sant’Anna esportabile livello nazionale? «Senza dubbio la collegialità. L’idea che si è tutti parte di un’unica squadra e non si fanno mai le cose da soli, ma insieme». Ma per valorizzare ricerca, competenze e merito servono risorse. E tante... «E ancora collegialità. Anche nel governo. I problemi della scuola e dell’Università non saranno solo del mio Ministero, ma di tutto l’esecutivo. Se ragioniamo così riusciremo ad affrontare le difficoltà e a fare, spero, qualcosa di utile». Di cosa è malata l’Università italiana? «Sconta i troppi tagli di questi anni, continui e pesantissimi. Il blocco del turn over del personale ha inoltre avuto come conseguenza il mancato rinnovamento della classe docente. Così l’Università è invecchiata e si è impoverita». Riforma Gelmini da buttare o cambiare? «Da riformare a sua volta. Ha introdotto troppa burocrazia, va semplificata». Giovani e accesso alla carriera universitaria: solo un miraggio? «È un momento difficile, è vero, ma sono motivata a creare le condizioni per favorire il reclutamento nell’Università, che va assolutamente ringiovanita. Saranno però determinanti voglia, motivazione e qualità: chi prende questa strada sappia che dovrà essere disponibile a spostarsi e a fare esperienza in Italia e anche all’estero». Stesso discorso vale per la scuola, che fa i conti col precariato... «Lo so bene, abbiamo ricevuto anche raccomandazioni a livello europeo per risolvere il problema. Non voglio fare annunci, preferisco dire le cose una volta fatte». Un ministro donna e per di più giovane. Un bel segnale. «Il premier Letta è andato nella giusta direzione, la presenza femminile nel governo c’è. Ma si poteva fare anche di più: le donne non sono mai abbastanza». (fonte: La Nazione)