Gentile Direttore,
prendo spunto dalla lettera di Mirka Cocconcelli per mettere a fuoco il tema affrontato con alcune integrazioni. Molte Regioni hanno risposto alla situazione di emergenza determinatasi con i drastici tagli apportati e con la riduzione degli organici, procedendo a riorganizzazioni basate su accorpamenti, riduzioni del numero di strutture operative e contrazione delle attività formative.
Volendo sviluppare una riflessione critica costruttiva a valenza strategica, può essere utile analizzare alcune caratteristiche specifiche di uno dei sanitari regionali più accreditati sul piano delle performance assistenziali, e non solo: quello della Toscana.
La legittimazione di quanto detto poggia proprio sul fatto che indiscutibilmente si tratta di una delle componenti più efficienti del SSN. Il quesito alla base di queste considerazioni è: quali sono stati gli effetti prodotti fino ad ora dalla riorganizzazione?
La legge regionale n. 84 del 28/12/2015 dichiarava fra gli obiettivi, al punto 2 della premessa, il miglioramento della qualità dei servizi anche attraverso l'omegeneizzazione delle prestazioni. La comparazione dei valori numerici di alcuni indicatori ospedalieri su scala regionale nel biennio precedente (2014-2015) e seguente (2016-2017) la riorganizzazione, a fronte di una riduzione del numero complessivo di ricoveri sia con DRG medici che chirurgici ed una sostanziale stabilità nella ripartizione fra ricoveri in regime ordinario ed in D.H., consente di rilevare un allungamento della degenza media totale (da 6,88 a 7,01 giorni), una riduzione del tasso di occupazione (valore percentuale di utilizzo dei posti letto: da 74,94 a 72,61 nel 2016 – ultimo dato disponibile) e dell'indice di rotazione (n. di pazienti che in un anno occupano un posto letto: da 39,68 a 37,33 nel 2016 – ultimo dato disponibile).
Disaggregando a livello dell'assetto precedente, relativamente alle strutture ospedaliere delle “vecchie” AA.UU.SS.LL. e delle Aziende Ospedaliero-Universitarie, sono stati presi in considerazione i dati relativi a due indicatori (disponibili fino al 2016): il Case Mix che esprime il livello di complessità dei casi trattati ed il Case Performance che è il rapporto fra degenza media nella struttura/degenza media regionale.
Prendendo a riferimento il valore di Case Mix pari a 0,90 per gli ospedali delle aziende territoriali ed a 1,00 per le aziende ospedaliere risulta che nel primo gruppo, sette restano stabilmente sopra 0,90, quattro stabilmente sotto (AA.UU.SS.LL. 3, 4, 7) ed una (A.U.S.L. 1) raggiunge e supera il valore di riferimento. Nel secondo gruppo tutte sono ampiamente sopra il valore di riferimento ad eccezione dell' Azienda Ospedaliero Universitaria “Meyer” che resta stabilmente sotto, passando da 0,94 a 0,91. Per il Case Performance lo scenario è nettamente diverso: tutte le strutture del primo gruppo superano la media regionale ad eccezione dell' A.U.S.L. 1; la Azienda Ospedaliera pisana ed il “Meyer” restano sotto media regionale.
Incrociando i dati fin qui illustrati con i fondi contrattualizzati per la dirigenza medica e veterinaria (fondo di posizione, fondo accessorio per le condizioni di lavoro e fondo di risultato al 2015) (**) emerge un elemento estremamente interessante: le strutture nelle quali si registrano le performance peggiori hanno tutte un valore pro-capite inferiore alla media regionale (valori massimi – 16,4% A.U.S.L. 3 per il primo gruppo e - 12,50% “Meyer” per il secondo gruppo; entrambi con il Case Mix stabilmente più basso nei rispettivi gruppi ).
Si potrebbe concludere che le riorganizzazioni di sistemi complessi sono estremamente lente e se così fosse non del tutto adeguate a fare fronte a situazioni critiche o addirittura emergenziali. Senza la pretesa di essere esaustivi e marcando il concetto che il valore economico dei fondi contrattualizzati lo si intende, non solo come possibile elemento di sperequazione retributiva fra professionisti (situazione di per sè problematica visto che la gestione dei fondi è compito escusivamente datoriale che scaturisce da un unico contratto nazionale) ma principalmente come strumento fondante ed indicativo della qualità della gestione delle risorse umane, verrebbe da ipotizzare che questo sia uno strumento strategico cruciale la cui applicazione va governata e coordinata con estrema attenzione.
E, laddove inapplicato o malamente impiegato, certamente utile per attingere in tempi rapidi a riserve ancora disponibili; appunto le competenze presenti da valorizzare, manutenere e migliorare. Fra l'altro queste conclusioni sono supportate da molta letteratura specialistica del settore. Un elemento critico che potrebbe creare ulteriori difficoltà è costituito dal fatto che, in questo momento, in alcune aziende la riorganizzazione stia procedendo con modalità che nell'articolazione di strutture, incarichi ed obiettivi niente hanno a vedere con quanto dichiarato nella norma regionale del 2015, già citata.
Per impiegare questa leva di miglioramento è, però, necessario attuare alcuni cambi di passo sostanziali: maggiore controllo da parte dei governi regionali delle pratiche e delle politiche aziendali in tema di gestione delle risorse umane anche attraverso metodologie ineludibili e sistemi di monitoraggio in continuo; rivalorizzazione dei momenti di confronto fra parte pubblica e rappresentanze sindacali attraverso agende di lavoro ben strutturate e finalizzate ad obiettivi chiari nei quali il contratto sia stumento e non fine; azzeramento di quella pseudo-cultura giuslavoristica che ha dominato in alcune realtà nelle quali si è spinto, quasi esclusivamente da parte pubblica, sull'interpretazione delle norme vigenti come per perseguire, in uno sterile esercizio, la ricerca del limite estremo di legittimità; miglioramento delle conoscenze dei contratti da parte delle rappresentanze di categoria sui tavoli aziendali e promozione di una maggiore coesione fra le diverse organizzazioni sindacali a tutti i livelli.
Nell'attuale scenario politico nazionale ed in una fase di rinnovo contrattuale può essere utile anche da parte sindacale sviluppare analisi e letture che vadano oltre la pura e semplice rivendicazione. Ora, richiamare una gestione puntuale e competente delle attività finalizzate alla fruizione dei diritti fondamentali dei cittadini ed operare esattamente in tal senso, assume un valore straordinario.
L'esperienza fin qui maturata dimostra che, soprattutto in sanità, applicare logiche più o meno vagamente aziendalistiche orientate a procedere senza o nonostante i professionisti ed i cittadini può essere estremamente controproducente. Verosimilmente rischioso, soprattutto in una fase di crisi economica e sociale onerosa e perdurante. Sicuramente funzionale ad una cultura del potere che sembra avviata ad un tramonto irreversibile.
Anche perché le responsabilità risulterebbero inevitabilmente ascrivibili solo a chi governa (in una crisi che non offre più spazi di recupero) e perchè in sanità i cittadini vivono quotidianamente le debolezze del sistema sulla propria pelle percependone gli effetti molto rapidamente. A poco servono strategie di comunicazione raffinate in questo ambito ed in questa contingenza di vacche magre.
Intervento di Corrado Catalani su “Quotidiano Sanità”
Corrado Catalani
Segretario Regionale FP-CGIL Medici e Dirigenza S.S.N. della Toscana