Dai, picchia e mena, alla fine, poche ore prima del termine fissato per legge, e al limite dell’esercizio provvisorio, la prima manovra di bilancio del governo penta-leghista è stata approvata dalla sua maggioranza.
Il travaglio è stato lungo e pieno di colpi di scena dove non si sono risparmiati capovolgimenti di fronte, imbarazzanti ritirate più o meno strategiche, squallidi tentativi di gioco delle tre carte e altre amenità che abbiamo potuto seguire attraverso gli organi di stampa accusati, non a caso, di far parte del gruppo dei “complottisti” contro il “governo del cambiamento”. Anche i nuovi potenti non sfuggono a manifestare segni palesi di intolleranza nei confronti delle critiche rivolte alle azioni di governo e in questo caso con un’aggravante: non si allineano?, continuano a criticare? E allora tagliano i fondi di sostegno all’editoria in virtù del fatto che “i lor signori” sono acerrimi nemici dei privilegi. Della serie: non disturbate il manovratore.
Il giudizio complessivo su questa legge di Bilancio è fortemente negativo per le misure che contiene, per le cose che non contiene e per le procedure che sono state seguite per arrivare alla definizione del testo. Non sono questioni di forma ma di sostanza; attengono a come si vuole difendere la democrazia Costituzionale nel nostro Paese. Il rispetto delle regole dettate dalle norme sancite dalla nostra Costituzione non possono valere quando siamo all’opposizione in Parlamento ed essere calpestate o dimenticate quando siamo in maggioranza di governo. Questo vale sempre, e per tutti. I comportamenti della Lega non sorprendono, erano ben noti fin dai tempi dei governi Berlusconiani. Ma i grillini che avevano riempito i loro discorsi nelle aule parlamentari e sulla rete social di belle parole improntate alla trasparenza, al rispetto del confronto nelle Istituzioni elette dai cittadini si sono, invece, ritrovati ad essere i responsabili di una cosa che ha umiliato il Parlamento. Non so se riescono a comprendere fino in fondo la gravità della loro azione: hanno messo sotto sequestro la dignità della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Mai era successa una cosa simile. E’ la prima volta nella storia della Repubblica che la più importante delle leggi ordinarie, quella che regola la politica economica e sociale, viene messa in votazione senza che sia stato discusso un solo articolo del testo finale composto da 195 pagine e ben 1150 commi. Si è messo il bavaglio al Parlamento e ora se ne vuole minare anche la rappresentanza con la scusa dei risparmi.
Per quanto riguarda i contenuti ci sono alcune cose che meritano di essere evidenziate a partire dalle risorse destinate agli investimenti e ai giovani. Non c’è alcun sostegno per la ripresa produttiva degno di nota, tant’è che anche loro sono stati costretti a rivedere al ribasso le stime di crescita per il prossimo anno. Tutti i dati e la dura realtà quotidiana ci fanno notare come la fragile ripresina del 2018 stia per esaurirsi a seguito di diversi fattori interni ed internazionali. La nostra economia rallenta e si paventa all’orizzonte una nuova fase recessiva. Gli ultimi dati della produzione industriale e dei consumi sono lì a dimostrarlo. Era questo il momento di mettere in campo un’ incisiva politica espansiva supportata da forti investimenti pubblici e privati in infrastrutture materiali e sociali: vera leva per contrastare l’esclusione, la precarizzazione, la povertà.
Il vero deficit di competitività del nostro Paese sta nella scarsa presenza di infrastrutture e nella mancata valorizzazione del grande capitale umano a partire dai giovani. La modernizzazione passa attraverso investimenti nell’innovazione, nella ricerca, nella formazione. Ingegno, creatività e voglia di rimboccarsi le maniche non ci sono mai mancate. Ma vanno sostenute, vanno condivise con i protagonisti sociali in una visione di lungo termine, indirizzate in un progetto di crescita qualitativa del nostro sistema produttivo, non comprimendo salari e diritti.
Ed invece cosa ci troviamo di fronte? Un provvedimento tutto centrato a dar ragione a spinte localistiche, di corto respiro, aumentando la spesa corrente senza creare le condizioni per un scatto in avanti, per superare positivamente i nodi strutturali della mancata crescita. Si fa fatica a rintracciare le risorse finanziarie destinate ad investimenti pubblici per opere necessarie alla modernizzazione del Paese. Niente per la formazione e la ricerca. Per l’istruzione siamo in presenza di un taglio di circa quattro miliardi nel prossimo triennio a scapito soprattutto del sostegno agli studenti disabili e all’edilizia scolastica. Per quanto riguarda i giovani sono presenti un po’ di bonus ed il rifinanziamento di ciò che esiste: in pratica risorse risicate. Ha fatto premio la logica del mantenimento del consenso politico dei propri elettori anziché quella ispirata agli interessi generali ed al bene del Paese.
Per non parlare delle risorse sottratte ai pensionati al fine di finanziare altre scelte in materia previdenziale. Perché non colpire gli evasori fiscali invece di prevedere vari tipi di condono (magari nascosti sotto nomi di fantasia come “saldo-stralcio” e cose simili) a favore di coloro che non rispettano le leggi ? Oppure cosa dire della norma che prevede il raddoppio della tassazione per le organizzazioni non-profit: una vera e propria tassa sulla solidarietà. D’altra parte c’è poco da aspettarsi da chi ha criminalizzato il senso di umanità. Anche stavolta è stata la famosa “manina” ? O siamo di fronte a manifestazioni di incompetenza e arroganza ?
Puntuale e pienamente condivisibile il duro giudizio dei sindacati e giusta la mobilitazione annunciata per rispondere a queste scelte sbagliate.
Pistoia, Gennaio 2019 Renzo Innocenti