Ormai non passa giorno che non appaiano sui quotidiani e TV locali denunce sui disservizi dovuti essenzialmente alla mancata sostituzione dei medici di famiglia che vanno in pensione o che decidano di fare altro. E non si tratta solo della Montagna pistoiese, i problemi ormai si riscontrano più o meno in tutta la nostra provincia.
Sono tanti o pochi i MMG presenti nel nostro territorio? I dati nazionali ci dicono che in Italia i medici di base sono pochi 88,3 per 100 mila abitanti contro i 170 della Germania. In Provincia di Pistoia abbiamo 198 medici di base su 293 mila residenti. Togliendo i minori di 14 anni (37 mila circa) siamo comunque messi peggio della media nazionale. Senza parlare poi della media ottimale che vedrebbe un medico di famiglia ogni 1000 assistiti. Tenendo contro di questo parametro ci mancherebbero 60 medici (ed entro il 2021 ne andranno in pensione altri 14).
Ecco, noi vorremmo sapere quali soluzioni concrete che chi è chiamato a gestire questa situazione intende attuare perché la loro sostituzione avvenga in tempi certi e senza lasciare vuoti inaccettabili. Non vogliamo certo dire che occorrerebbero tutti e subito ma certo avremmo la necessità che si proceda ad individuare nuovi medici di famiglia per assicurare (soprattutto nelle aree interne) il servizio e la sua qualità. Se la prevenzione è uno dei cardini del sistema sanitario chi meglio dei MMG può aiutarla a farla?
Certo non hanno vita facile questi professionisti. Lo abbiamo visto nel momento peggiore dell’emergenza sanitaria. Spesso scollegati e non per volontà loro dalla rete ospedaliera, costretti nei loro studi a consultare per telefono i loro assistiti. Ma la pandemia ha drammaticamente messo di fronte agli occhi del paese l’importanza del servizio sociasanitario nazionale. E’ il momento di scelte coraggiose e di recuperare i ritardi e correggere gli errori commessi nel corso degli ultimi decenni anche in Toscana. Possiamo provare, se non sbagliamo, a rendere esigibile il diritto alla salute delle persone in ogni fase della loro vita.
E in questo contesto è bene ricordare che il medico di famiglia è il responsabile della cura globale della persona, rappresenta l'accesso del cittadino al sistema sanitario nazionale e ha il compito di coordinare l'intera vita sanitaria dei suoi pazienti. Ma in Italia il medico di medicina generale, a differenza dei medici ospedalieri, non è un dipendente bensì un libero professionista convenzionato con le aziende sanitarie locali.
Mi preme sottolineare che da tempo questo rapporto professionale fra MMG e Servizio Sanitario Nazionale è entrato in crisi e presenta molte criticità a partire dal percorso di studi (nel resto del mondo occidentale i medici di medicina generale si formano nelle università, si specializzano nelle università, da noi invece solo dopo la laurea devono fare un corso triennale gestito dalle Regioni e dallo stesso sindacato di categoria).
Sono un sostenitore convinto che occorra che questo professionista debba essere maggiormente integrato nel sistema sanitario pubblico. Credo inoltre che la presenza dei “medici di famiglia” dentro le Case della Salute sia necessaria e non rinviabile e non può continuare ad essere un optional. Le Case della Salute (quelle “vere”) fanno bene ai cittadini e al sistema sanitario regionale.
Pertanto bisogna insistere perché la medicina generale diventi una specialità identica a tutte le altre, che le modalità di accesso siano le stesse di quelle previste per il restante personale del SSN e che pur mantenendo alcune specificità, il contratto sia quello del personale dipendente. Una vera rivoluzione indispensabile per dare risposte adeguate ai cittadini e prepararci al meglio alle altre emergenze che verranno.
In sintesi credo che occorra:
- un piano straordinario di assunzioni nella sanità pubblica (non solo coprire il turn over ma implementare le dotazioni organiche e procedere immediatamente a nuove assunzioni);
- rivedere il percorso universitario non solo per i medici di medicina generale;
- prevedere maggiori ed ingenti risorse per finanziare il Servizio Sanitario nazionale;
- rivedere la figura del medico di medicina generale (medico di famiglia);
- recuperare la centralità del “territorio” per dare risposte più efficienti ed efficaci ai bisogni di salute;
Insomma, occorre mettere in campo, una vera è propria inversione di tendenza. Ma occorre passare dalle parole ai fatti. La frattura che si è creata con tanti cittadini è superabile solo se si modificherà (in meglio) il Servizio sanitario pubblico. Perché continuando così’ le risposte sociosanitarie rischiano di non essere appropriate e uguali per tutti. E questo è uno degli altri problemi che abbiamo di fronte: non ci possono essere cittadini di serie A e di serie B. E’ un dato di fatto che chi abita nelle zone interne non ha le stesse opportunità di vedersi riconosciuto il medesimo diritto alla Salute. E questo non può essere accettato.
Chi di dovere batta un colpo!
Andrea Brachi
segretario generale SPI CGIL Pistoia
Tanto per informazione:
- Le cause dell’arretramento della sanità pubblica sono ormai note: meno 27 miliardi di risorse negli ultimi dieci anni, diminuzione del personale sanitario pubblico (rispetto al 2012 il calo dei medici è del – 3,5%, degli infermieri del – 3,0%). In totale 25.808 unità in meno.
- Noi disponiamo di 39 medici ogni 10 mila residenti. La media europea è di 43 medici. Ancora peggio per il personale infermieristico: noi abbiamo 58 infermieri per 10 mila residenti, la media europea è di 129.
- La spesa sanitaria pubblica in Italia è di 1.900 euro a cittadino, poco più della metà di quella tedesca, il 66% di quella francese, l’80% di quella inglese. Basterebbero queste cifre per capire che non c’è storia.
- In dieci anni abbiamo chiuso quasi 200 ospedali (strutture vecchie ed obsolete e pertanto anche pericolose e non adatte alla moderna medicina) ma soprattutto abbiamo perso 45 mila posti letto. Oggi ce ne sono 330 ogni 100 mila abitanti, in Germania sono 800 e la media europea è di 521.