La soluzione prospettata dalla Giunta dell'Ente, all'inevitabile fase di riorganizzazione istituzionale a cui sono chiamate le Comunità Montane (si legge in un comunicato diffuso dalla RSU e dalle OSS CGIL FP e CISL FP), anche se ancora nell'incertezza del quadro normativo di riferimento, rappresenta una situazione preoccupante per il sistema economico della montagna, e pertanto ci trova completamente in disaccordo, oltre ad essere un eccezione nel panorama regionale.
Se è vero, che per il personale attualmente alle dipendenze dell'Ente, potrebbe essere trovata una soluzione complessivamente accettabile, sotto il profilo meramente soggettivo dei singoli dipendenti, è altresì vero che il territorio della montagna verrebbe così a perdere circa 60 posti di lavoro, fino ad oggi fermamente ancorati al territorio, e per la maggior parte gravitanti attorno a quello che costituisce il nucleo centrale della C.M. cioè il Comune di San Marcello. Sotto questo aspetto sorprende proprio la posizione del suo Sindaco, nonché assessore al personale della C.M., che pare accettare di buon grado questa soluzione, se non esserne addirittura il portabandiera. Circa la possibilità prospettata di riportare successivamente parte – e teniamo a precisare “parte” - dei posti di lavoro e delle funzioni attualmente esercitate dalla C.M. Presso l'Unione dei Comuni, va detto che ad oggi essa non esiste e non esiste un accordo politico certo per la sua costituzione, ed anche se si addivenisse ad essa, rimarrebbero non pochi dubbi sulla volontà, nonché sulla possibilità, in ragione delle vigenti norme in materia, di trasferire dalla Provincia, parte del personale e delle funzioni, gentilmente cedute dai sindaci della montagna, alla nuova Unione dei Comuni.
Viceversa, la trasformazione della C.M. in Unione Speciale di Comuni, garantirebbe l'automatico passaggio ad essa di tutti i rapporti giuridici pendenti. Quello della perdita di posti di lavoro è comunque soltanto uno, e forse nemmeno il più rilevante, degli effetti negativi che si ripercuoterebbero sul sistema economico della Montagna, in quanto la soluzione prospettata implica, di fatto, la rinuncia a gestire oltre 6 Milioni di Euro all'anno di risorse che transitano dalla C.M., e che concorrono in modo non marginale a mantenere vivo il tessuto produttivo della zona, oltre alla gestione dell'ingente patrimonio immobiliare in disponibilità dell'ente, che consta anche di infrastrutture rilevanti dal punto di vista economico, e che, se opportunamente gestito costituirebbe ulteriore fonte di risorse investibili sul territorio.
In conclusione, la decisione della politica di risolvere la questione, sicuramente complessa, in cui si trova oggi la C.M., delegando ad altri, e di fatto abdicando al proprio ruolo, comporta a nostro avviso un prezzo troppo alto per il territorio della montagna e per i suoi cittadini, che non può essere giustificato soltanto dalla situazione che si è venuta a creare nell'Ente, che deve invece essere risolta con un'azione di governo forte, mirata all'individuazione delle responsabilità ed alla riorganizzazione di quello, che pur con mille problemi, è e continuerà ad essere un Ente di strategica importanza per il territorio montano che rappresenta.
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