Nell’ultimo numero il settimanale “La Vita” con un fondo del suo direttore e un ampio articolo nelle pagine interne, torna meritoriamente sul drammatico tema delle morti e degli infortuni sul lavoro e sul valore sociale del lavoro stesso.
Consentite al segretario del maggior sindacato dei lavoratori di svolgere qui alcune considerazioni.
In primo luogo si dice che le leggi ci sono; è vero, ma le sanzioni per le inosservanze sono risibili, anzi il governo Berlusconi le ha in gran parte ridotte, depenalizzando e riducendole a sanzione amministrativa, anche quando la responsabilità del datore di lavoro risulta evidente.
Secondo: si dice che deve crescere una maggior cultura del lavoro e della sicurezza da parte dei lavoratori! Vero, ma posso chiedere quale cultura del lavoro e quale idea di paese hanno i titolari di quelle 25 imprese su 103 ispezionate (1 su 4!!!) che sono state sottoposte a sequestro negli ultimi 3 mesi nella nostra provincia perché tra le varie irregolarità riscontrate avevano oltre il 20% di lavoratori “al nero”?
Perché la pubblicazione di questa notizia è passata quasi sotto silenzio? Davvero ci si abitua a tutto?
Perché le denunce di questo sindacato sulle illegalità (certificate dagli organi ispettivi di legge) nei cantieri dell’USL (ma avremmo potuto parlare di altri appalti pubblici), USL che tra l’altro ha importanti competenze di controllo sulla sicurezza, scorrono, non dico sull’opinione pubblica, ma anche sul versante politico e istituzionale come acqua nel fiume?
Io dico che ci sono questioni su cui è necessario prendere parte, una posizione netta, scontentare qualcuno e indicare le responsabilità per nome e cognome; le associazioni artigiane che si oppongono all’istituzione del delegato interaziendale alla sicurezza in una provincia con 3,4 dipendenti per impresa hanno una grave colpa; il prefetto che alla delegazione dei lavoratori metalmeccanici che ha ricevuto venerdì 14 a margine dello sciopero di protesta sui fatti della Thyssen Krupp dice che “gli operai, le RSU e gli RLS devono vigilare di più,” sconcerta perché a Pistoia il 94% delle imprese ha meno di 8 dipendenti e non sono eleggibili per legge e contratto nè RSU nè Rappresentanti della Sicurezza; il rimpallo di competenze che non mette in grado il sistema istituzionale di convocare un tavolo di verifica di un incontro sulla sicurezza in provincia dopo il primo svolto 6 mesi fa e convocato dopo la morte tragica del giovane Artan Plaka (lavoratore non assicurato) avvenuta il 1 Giugno, sgomenta.
Tutte queste cose, compongono un quadro di sottovalutazione, superficialità e inadeguatezza politico istituzionale, almeno dal versante del lavoro, che sono lo specchio tragico della regressione di un intero paese.
Tutti i gatti non sono bigi, la cultura del profitto sopra ogni cosa, gli appalti al massimo ribasso ancorché come ha scritto uno zelante burocrate dell’ASL “formalmente in regola con le norme vigenti”, gli scarsi mezzi per la vigilanza operata da pochi encomiabili Ispettori a cui va il nostro riconoscimento, un’attenzione politica, ma anche mediatica insufficiente nel corso dell’anno sono, insieme ad un quadro legislativo da rafforzare, i responsabili del mancato rispetto delle norme.
Poi naturalmente, ognuno può fare di più, ma ascoltare come in questi giorni sulla vicenda di Torino, che se gli estintori erano scarichi la colpa è da attribuirsi agli operai è più che una provocazione.
Certo c’è il contesto generale, una subalternità totale, a mio modesto avviso, ad un’impresa che peraltro, per bocca dei suoi rappresentanti istituzionali non ha mai abbastanza, l’intangibilità di alcuni poteri forti, ma per favore, quando nelle prossime settimane il sindacato alzerà la voce a Roma ed a Pistoia, non dite che non siamo moderni o che il conflitto è strumento arcaico ed inefficace nelle moderne democrazie perché, come dimostrano le poche e sommarie cose descritte, ne costituisce l’essenza in questo assordante silenzio.
Grazie per l’ospitalità.
Daniele Quiriconi