Il dibattito agostano sull’economia locale sviluppatosi sulle pagine dei giornali nella nostra provincia, ha ruotato intorno alla concertazione e alle attività dell’osservatorio per la programmazione strategica.
A me sembra una discussione stantia, sul nulla, che rischia di far parlare d’altro come già in passato, quando sia da destra che da sinistra si sono mosse critiche ideologiche. La concertazione come abbiamo più volte detto e scritto, per la CGIL è un metodo, non un totem al quale sacrificare ruoli, autonomie, prerogative istituzionali o meno.
Non c’è in verità niente di maggior buonsenso che mettere insieme attori economici e sociali e le istituzioni e , se si condividono analisi ed obiettivi, lavorare insieme.
L’alternativa, quella “dell’uomo solo al comando” per usare una metafora ciclistica, è stata già vista di recente all’opera in Italia con risultati assai discutibili.
Forse qualcuno preferisce affidare le sorti dell’economia ad una sorta di darwinismo ultraliberista, tranne poi chiedere dazi sulle importazioni cinesi e per questa via contraddire Milton Friedman e anche sé stesso.
Sul piano locale a Pistoia o in Toscana devo dire che non mi capita spesso di sentire proposte organiche dei partiti sulle grandi questioni dello sviluppo locale, anzi l’interesse si manifesta spesso in forme e per vertenze KARTOS di Montecatini o le TERME, sui quali si giocano per fini poco nobili, magari anche gli equilibri e le alleanze. Oppure può capitare che un comune decida di vendere, all’insaputa degli altri partner locali e del sindacato, le proprie quote della società che controlla l’aeroporto di Firenze, al privato che controlla già quello di Bologna, col risultato che l’integrazione del sistema aeroportuale si farà invece che tra Firenze e Pisa, tra Firenze e Bologna con logiche conseguenze sugli assi di sviluppo. Troppa concertazione?
Attraverso questa, è il caso anche dell’Osservatorio per la programmazione strategica, l’obbiettivo è di fornire spunti, idee, progetti di riconversione di aree e di settori “ pensando in lungo” non al contingente, attraverso un metodo che superi il rapporto competitivo tra le rappresentanze.
Non esiste per chiarirci una risposta strategica, che risolva il punto di crisi odierno.
Nello stesso tempo, la politica, nazionale e locale, ha grande spazio nella definizione di quelle iniziative di programmazione tese anche a favorire investimenti, limitando al massimo la dimensione burocratica degli Enti e attraverso un’azione di governo che si esercita ogni giorno.
Poi ci vogliono gli investimenti, che sono il convitato di pietra di queste discussioni: se prendiamo le ultime 10 cessazioni di attività produttiva con immobili di pregio in provincia, possiamo cogliere quanto la rendita speculativa si sia mangiato l’impresa e quale sia stata la scelta prioritaria di una parte degli imprenditori.
Nello stesso tempo, credo sia un errore usare enfasi eccessive:
-se ogni cosa che accade si riconduce alla virtù taumaturgiche della concertazione si corrono dei rischi;
- se si alimentano aspettative straordinarie dall’Osservatorio, i risultati non potranno che essere inferiori alle attese ;
- se si commenta un incontro con l’AD di Ansaldobreda, che pur con i suoi elementi positivi, lascia inalterate molte preoccupazioni sul piano industriale e finanziario come “ il risultato straordinario della concertazione”;
-se la presentazione di alcuni report contenenti dati sistematizzati, ma noti, come quelli presentati il 7 Luglio al convegno di Palazzo dei Vescovi, viene commentato come il disvelarsi dei veri elementi di crisi della provincia , c’è da essere preoccupati.
Su questo concordo con Donnini; quando il 7 Marzo 2005 , abbiamo dato vita all’Osservatorio forse avevamo aspettative diverse.
Niente che non si possa correggere anche se è del tutto evidente che ciò che, anche sul piano della strumentazione, è stato pensato utile nel 2003, data del protocollo tra le parti, forse non è più sufficiente oggi e penso alla dimensione provinciale o in qualche caso municipale della programmazione. La discussione sui nuovi assetti istituzionali dell’area metropolitana, non sono che il sigillo a questa considerazione.
Paradossalmente ritengo che ci sia poca concertazione, a volte di cattiva qualità e a geometria variabile:
non credo ad esempio che si possa discutere solo sui giornali della partecipazione dei nostri Enti ad una Fondazione per la ricerca di area metropolitana, così come ricondurre tutto il confronto, anche tra le parti sociali, agli organismi dell’Osservatorio per la programmazione.
Per questa ragione nei prossimi giorni avvieremo come CGIL una serie di incontri prima con CISL e UIL e poi con le categorie economiche.
La discussione però è sul merito, non sullo strumento.
Daniele Quiriconi
Seg. Gen. CGIL