SPI Pistoia

Decreti Sicurezza: firma la petizione!

Care/i compagne/i,
recentemente il SILP CGIL ha lanciato una petizione per cancellare i decreti Salvini sulla
sicurezza.
Una iniziativa importante e coraggiosa che abbiamo condiviso fin dall'inizio.
Nel solo ambito di riferimento della categoria sono state registrate oltre 25 mila adesioni, in una
settimana.
Riteniamo di grande significato politico un nostro impegno diretto a sostegno della petizione il
cui link è:
https://www.change.org/p/giuseppe-conte-abrogazione-dei-decreti-sicurezza-2?
utm_source=brand_it&utm_medium=media
Invitiamo pertanto tutti i compagni e le compagne della CGIL, tutte le strutture territoriali e
categoriali a produrre le necessarie e adeguate iniziative
Fraterni saluti.

 

https://www.change.org/p/giuseppe-conte-abrogazione-dei-decreti-sicurezza-2?

 

a proposito di EVASIONE FISCALE

Care compagne, cari compagni,

sapete che siamo impegnati da sempre, anche attraverso la contrattazione sociale, nella lotta contro l’evasione fiscale. Le stiamo provando tutte. In questi giorni abbiamo convinto Cisl e Uil a scrivere all’Agenzia delle Entrate a cui abbiamo chiesto un incontro per “fare rete”, per confrontarci ed approfondire questo vero e proprio crimine anche alla luce della nostra volontà di sottoscrivere con i Comuni (Prefettura e altre Istituzioni) un  “patto antievasione territoriale”. Si parla di tante risorse sottratte allo Stato e ai Comuni da questi criminali.
Dobbiamo continuare a sostenere le Amministrazioni comunali, spronarle perchè non abbassino la guardia, convincerle a sottoscrivere convezioni con l'Agenzia delle Entrate. Un lavoro che dobbiamo fare come SPI, come CGIL  ma che devono fare anche le Leghe SPI. Dobbiamo davvero cambiare passo. Dobbiamo convincere i cittadini che l'evasione si può sconfiggere, che è un crimine, che danneggia soprattutto i lavoratori dipendenti, i pensionati, le persone oneste. Usiamo tutti gli strumenti che abiamo a disposizione per fare passare questo messaggio.
Andrea Brachi
segretario generale SPI CGIL Pistoia
 
 

I pensionati apripista e i primi in Cgil a costruire una rete organizzata di attivisti digitali.

Stamani, come SPI della Toscana, abbiamo partecipato a questa iniziativa promossa ed organizzata dallo SPI CGIL nazionale. "Occupare lo spazio web e social per diffondere le idee, le battaglie e i valori del Sindacato. I pensionati apripista e i primi in Cgil a costruire una rete organizzata di attivisti digitali."...questa è musica per le nostre orecchie... senza mai dimenticare che guardare negli occhi una persona, poterla abbracciare, essere fisicamente vicino a lei facendola sentire ascoltata.... sono "pratiche" che non dobbiamo dimenticare né tralasciare. Ma usare la rete, i social come strumenti aggiuntivi e "potenti" per rilanciare le nostre idee, per farci conoscere, per inattivisti_digitali.jpgformare, con toni pacati, è davvero oggi più che mai indispensabile.

ACCORDO INFERNALE: per non dimenticare

Il 23 giugno 1946 viene firmato a Roma il protocollo italo-belga per il trasferimento di 50.000 minatori italiani in Belgio.  In cambio il Governo belga si impegna a vendere mensilmente all’Italia un minimo di 2.500 tonnellate di carbone ogni 1.000 minatori immigrati.
La mano d’opera non doveva avere più di 35 anni e gli invii riguardavano 2.000 persone alla volta (per settimana). Il contratto prevedeva 5 anni di miniera, con l’obbligo tassativo, pena l’arresto, di farne almeno uno. Le pattuizioni tra i due governi erano dettagliate e minuziose in merito al reclutamento e allo spostamento dei lavoratori, ma nulla fu mai scritto relativamente ai loro diritti, alla loro salute e sicurezza. E infatti in miniera i morti saranno migliaia.
A causa di un errore umano, l’8 agosto 1956 il Belgio viene scosso da una tragedia senza precedenti. Un incendio, scoppiato in uno dei pozzi della miniera di carbon fossile di Bois du Cazier, causa la morte di 262 persone di dodici diverse nazionalità: 136 sono i minatori italiani (tra il 1946 e il 1956 più di 140mila italiani emigreranno in Belgio; l’accordo fra le due nazioni prevedeva l’esportazione da parte dell’Italia di 2mila uomini a settimana in cambio di 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore).
Una sola parola, inferno, scriverà Gianluigi Bragantin sulle pagine di Lavoro venti giorni dopo la strage: "Pittori di grande fama lo hanno dipinto. Ma bisogna andarci per capirlo fino in fondo, nel respirarne il clima, per sentirne l’oppressione. I villaggi, le strade, i baraccamenti si susseguono uno accanto all’altro e diventa impossibile distinguerli l’uno dall’altro. D’inverno le strade gelano, sono avvolte da impenetrabili brume, la neve si sporca di carbone: e minatori passano dai 45 gradi sottoterra ai 35 sotto zero alla superficie. La strada sulla quale cammini è della miniera, la casa che abiti della miniera, dei padroni della miniera è lo spaccio, il piccolo cinema, la ferrovia, il pullman, il terreno da costruzione, i mobili, i letti, il bar, la birra che bevi, il pane che mangi. Tutto è del patron. Se manchi un giorno dal lavoro l’affitto del mese ti viene conteggiato al 50% in più; se manchi due giorni ti viene raddoppiato. Se perdi una pala sotto una frana la devi pagare, se non capisci l’ordine di uno chef che parla in dialetto fiammingo prendi una multa che va a finire alla congregazione religiosa del luogo. Contro tutto questo lottavano i minatori morti a Marcinelle e contro tutto questo continueranno a lottare i loro compagni”.
Contro tutto questo, nelle campagne e nelle tendopoli del nostro paese, continuiamo quotidianamente a lottare, senza retorica, senza frasi ad effetto, senza gesti eclatanti o parole di circostanza.
“Lo so, cari compagni - diceva Di Vittorio nel suo ultimo, famosissimo, discorso - che la vita del militante sindacale di base è una vita di sacrifici. Conosco le amarezze, le delusioni, il tempo talvolta che richiede l’attività sindacale, con risultati non del tutto soddisfacenti. Conosco bene tutto questo, perché anch’io sono stato attivista sindacale: voi sapete bene che io non provengo dall’alto, provengo dal basso, ho cominciato a fare il socio del mio sindacato di categoria, poi il membro del Consiglio del sindacato, poi il Segretario del sindacato, e così via: quindi, tutto quello che voi fate, che voi soffrite, di cui qualche volta anche avete soddisfazione, io l’ho fatto. Gli attivisti del nostro sindacato, però, possono avere la profonda soddisfazione di servire una causa veramente alta”.
Una causa grande, una causa giusta che difficilmente regala interviste nei programmi televisivi alla moda o prime pagine sui giornali, ma che dona a tutti noi molto di più: l’orgoglio di ricostruire a piccoli passi un percorso collettivo di consapevolezza e dignità del lavoro, la consapevolezza del nostro ruolo sociale, politico, culturale, aggregativo, di riscatto, rivendicazione, conquista e difesa dei diritti.

 

minatori.jpg


Un ruolo non sempre riconosciuto, ma costante ed attivo perché lavorare nella Cgil e per la Cgil, non è, non può essere un mestiere come un altro.

Alessio Rossi: "ma mi faccia il piacere..."

A proposito di Confindustria e dei suoi giovani industriali

Ho letto (il Tirreno 22 giugno 2020) le dichiarazioni di Alessio Rossi, presidente dei giovani industriali di Confindustria che, analizzando la situazione economica del dopo Covid, ha dato i voti (tutti negativi) al Governo. Ovviamente si è ben guardato dal ricordare le colpe delle Imprese. Poi mi ha colpito il suo ragionamento dell’Italia a due velocità: "quella delle imprese, dei lavoratori, delle piccole imprese e degli artigiani che lottano per rialzarsi, fanno mille sacrifici, affrontano una realtà difficilissima e si considerano fortunati perché hanno un lavoro. E c’è un'Italia che sta dall'altra parte: quella della burocrazia, dei dipendenti pubblici, che spiace dirlo, sono sempre e comunque tutelati". Allora, seguendo la logica del giovane Presidenti direi che ce ne sono più di due: aggiungerei (rinfrescandogli la memoria che sembra labile) quella degli evasori fiscali, quella della criminalità organizzata, quella della corruzione, quella delle imprese che non fanno formazione ne investimenti ne garantiscono la sicurezza nei posti di lavoro, quella delle imprese che pretendono e incassano soldi per poi delocalizzare, quella dei datori di lavori che “assumono” al nero, quelle che licenziano senza giusta causa e potrei continuare. E poi la dico così: vorrei che tutti i lavoratori privati avessero le tutele, i diritti dei dipendenti pubblici. Ecco quando avremo uno Stato, le imprese che garantiranno a tutti la dignità al e del lavoro allora il giovane Presidente dei giovani industriali potrebbe continuare nelle sue proposte, che sono solo, per ora, un chiedere e mai un dare. Chiudo con una famosa battuta di Totò: Alessio Rossi "ma mi faccia il piacere..."

Andrea Brachi, segretario generale SPI CGIL Pistoia